Dopo l'Unità d'Italia, ii paese di Serracapriola, che quell'unità propugnò e poi difese lottando “le orde reazionarie e brigantesche”, iniziò il suo cammino nella nuova realtà politica portando ai piedi pesanti problematiche locali. Non erano avvezzi, quei serrani stile ottocento, al principio d'associazione sul quale aveva vegliato la polizia borbonica con i cento occhi di Argo; le loro vie di comunicazione erano messe K.O. dalle esondazioni dei torrenti e delle fiumare invernali, gonfie di acqua ed orfane di ponti. Non aveva voce la pubblica igiene, per cui i rifiuti solidi venivano ammassati ai “pentùne”, o peggio, sparsi senza regole “ndì roje”, con gioia dei gatti, dei cani randagi e dei porci che vagavano in libertà, sui quali la municipalità faceva affidamento per assicurare la nettezza urbana; dalle porte e dalle finestre venivano scaraventati “en plein air” proiettili laidi, vaganti da pitali ricolmi. Arrivava fango sulle strade di terra battuta appena il cielo gocciolava; all'illuminazione notturna, rotta a mala pena dalle fiammelle dei primi e pochi lampioni pubblici (1856, nr. 2 - 1857, nr. 4 - Aprile 1865, nr. 7 - 1886, nr. 100), davano man forte i pallidi chiarori di Monna Luna. Nelle tasche dei più regnava sovrana la miseria, soverchiata dalla ricchezza dei ricchi, i “ghèlèntôme”, che vivevano raccolti in casta blindata con rare “new entry”: riusciva a penetrarvi qualche "parvenu" cittadino comprato dal brigantaggio con sonanti soldini, "pourboir" di consolazione a fronte di favori prodotti in situazioni particolari.
     Nella vita cittadina non mancavano coloro che, a quattr'occhi, dispensavano prestiti monetari a chi boccheggiava nelle difficoltà. Alla liquidità di un facoltoso serrano d'Ottocento attinsero anche un monsignore nostrano ed il giudice Leoncavallo, padre del più famoso Ruggero, autore de "I Pagliacci".
     La migliore proprietà terriera locale era corredo dei possidenti: nel 1854 Serracapriola ne vantava 1030. Briciole e brandelli di terra delle restanti classi di qualità erano per ii mondo contadino; nel citato anno in Serracapriola se ne contavano 1200 che sgobbavano sodo, do "sole a sole". Nella vita di paese c'era l'anonimo artigiano, l’èrtiste, che creava un'arte preziosa, svilita nel prezzo di significato; c'erano scure bottegucce di commestibili, con bottegai a vendere, non di rado, a credenza, "segnando" sul quaderno le mercanzie prelevate che ti facevano tirare il fiato, al riparo dalla fame, ”'nzine à stègiône”, tempo di raccolto e momento estremo per onorare il debito contratto.
     L’istruzione popolare pubblica non era gran che curata; generalizzati, quindi, analfabetismo ed ignoranza, specialmente fra le donzelle deputate ai lavori domestici e rurali. Ed a dispensare amore e figliolanza sfrenata. Pur tuttavia, nel bilancio comunale del 1862, i "decurioni" serrani del tempo. impegnarono fondi specifici per I'acquisto di libri di testo, da destinare agli alunni indigenti, oltre a quelli per gli stipendi dei docenti elementari: insegnanti maschi per gli scolari e femmine per le fanciulle.
     Tutto il "Sapere" paesano era nel cervelli dei pochi eletti che avevano studiato fuori terra: lo speziale, il medico, I'avvocato, il regio notaio, I'agrimensore.... Ben rappresentato il clero: nel 1854 santificavano il paese 49 monache, 8 monaci e 24 preti, avvezzi, quei preti, ad intrighi di sagrestia che recavano potere e vile moneta.
     Nel 1877, anno di nascita di don Peppe e fino al 1884, la leadership comunale di Serracapriola era nelle mani del sindaco dottor Giulio Costelnuovo.
     Castelnuovo risanò la concordia cittadina oppresso do lotte intestine. E pur fra difficoltà non poche, la carestia del 1879 e le agitazioni di piazza del 1884, diede al paese l'impulso alla crescita civile, allo sviluppo delle arti, dei servizi, dell'agricoltura, dell'occupazione e dei lavori pubblici. Questi ultimi frutto di interpretazioni urbanistiche non empiriche, ma moderne e razionali. Tant'è che durante tale processo di "ammodernamento", approdarono a Serracapriola, do ogni dove, corposi flussi umani, maestà ferite in patria, alla ricerca dell'essere, del meglio, dell'ovunque. Quegli erranti a Serracapriola piantarono le tende, portando la città ad una crescita demografica importante (1881 abitanti 5619; 1951, abitanti 8462). Ad essa si abbracciò un'espansione urbana che si aggiunse alla qualità della vita e fece di Serracapriola un centro di riferimento territoriale ed una città godibile. Un po' codina, è vero, ma cordiale ed ospitale verso ii forestiero ... e più incline al “motteggio" che alla baruffa di sangue.
     Il XX secolo, salutato da speranze ed auguri di vita migliore, si tinse subito di colore drammatico. Il 29 luglio 1900, Umberto I di Savoia restò ucciso da mano anarchica. Al dolore delia Nazione si associò Serracapriola: ci furono riti religiosi, manifestazioni civiii e discorsi. Qualche anno più tardi, un altro episodio venne a turbare la vita paesana: la Domenica delle Palme del 1906, nata serena, si oscurò paurosamente nera gettando nello sgomento la popolazione. Temendo la fine del Mondo, tantissimi si riversarono nelle chiese affollando i confessionali ... per affrontare una buona morte.
     Una nuova gestione comunale, retta momentaneamente dal veterinario Francesco Presutto, di don Peppe fratello, aveva, intanto, dato l'O.K. alla demolizione della "Portella" (5 luglio 1905). L’abbattimento della porta nord dell'abitato inghiottì anche la "pietra", in quei pressi collocata ove, fra fischi e lazzi, veniva praticato "ù mbuzècùle", quel rito che ti faceva perdere la faccia nella società locale e ti bollava "pèghèzùlfe". Senza appello, senza pietà, per tuffa la vita.
     All'inizio del Novecento, credendo fosse la panacea per tutti i problemi cittadini, Serracapriola imboccò la via dell'emigrazione transoceanica (94 i passaporti serrani nel 1912).
     Nel settembre 1914 don Peppe, prete fatto, venne designato dal vescovo diocesano a riconciliare e riaprire ai culto la Chiesa delia Confraternita della Morte, chiusa al pubblico per "profanazione politica". I venti di guerra del 24 maggio 1915 portarono al fronte una folla di gioventù serrana. Tanti non tornarono, altri tornarono con le stimmate del coraggio impresse nel corpo. La "Grande Guerra" vinta sui fronti sembrò perduta nella quotidianità che ricominciò in una realtà difficile ed amara. Ai non pochi "disagi" bellici diede man forte la "spagnola" che falcidiò grandi e piccini: Serracapriola non si sottrasse al tributo che fu pesante.
     Nella vita politica serrana le lotte fra i due partiti locali che facevano capo all'avv. Alfredo de Luca ed al medico Aniello Luigi Gatta erano, intanto, sfumate. A nessuno sfuggiva che oltre la politica paesana, modesta nei mezzi e negli scopi, a volte miope nelle prospettive, c'era una politica più vasta, quella nazionale.
     Arrivò la Marcia su Roma (1922), arrivò il fascismo, arrivò ii Podestà. A Serracapriola arrivarono importanti opere di crescita sociale e civile (luce elettrica, edifici scolastici, mattatoio pubblico, strada nazionale Adriatica, rete idrica - fognaria). Il 10 giugno 1940, la miopia criminale dei potenti di turno partorì la Secondo Guerra Mondiale.
     Caduto il fascismo, caduta la guerra, cadute le incertezze politiche post - belliche, l'italia e Serracapriola imboccarono la via delia libertà, delle genti bene supremo.
    

Stanislao Ricci, Giugno 2002