I reperti archeologici, venuti alla luce nel 1931 mentre si facevano gli scavi per la conduttura dell'acqua nei pressi del mattatoio di Serracapriola lungo la strada che porta a Chieuti, furono catalogati e curati dal podestà dell'epoca dott. Vincenzo Castelnuovo e depositati in appositi armadi di un'aula dell'Edificio Scolastico delle Scuole Elementari per costituire un museo locale. Alla richiesta del direttore del Museo di Taranto, responsabile dei reperti della Puglia, di prelevare i pezzi rinvenuti, il Castelnuovo si rifiutò. A seguito di un ricorso del direttore del Museo di Taranto al Ministero competente furono prelevati soltanto dopo alcuni anni, durante l'amministrazione del dott. Ennio Falcone (notizie tratte da appunti di Alessandro D'Adamo, segretario comunale dell'epoca).
I reperti serrani rimasero nei depositi del Museo e non furono mai esposti, come vedremo. Ma da notizie di testimonianze verbali, soltanto una parte si trova a Taranto, mentre il resto dei reperti fu portato a suo tempo a Foggia. Nel museo civico (istituito nel 1931) o altrove?
Verso la fine della legislatura (1993-1996) il sindaco di Serracapriola prof. Filippo Mascolo, interessato a conoscere i reperti su citati per una finalità culturale atta a sensibilizzare il popolo per progettare una eventuale costituzione di un museo, e l'architetto Ferdinando Jannuzzi, incaricato per la redazione del progetto di ristrutturazione di Palazzo Arranga, si recarono a Taranto al Museo Archeologico per visionare i reperti ancora chiusi nelle scatole, nei depositi del seminterrato del museo. Dopo averli ben osservati li fotografarono. Il 26 Agosto 1996 nell'atrio della Scuola Media di Serracapriola fu allestita una mostra delle foto dei reperti e del progetto della ristrutturazione di Palazzo Arranga redatto dagli architetti Ferdinando Jannuzzi e Tilde Borrelli, quest'ultima curatrice scrupolosa della mostra.
Filippo Mascolo, non essendo stato rieletto sindaco nelle elezioni amministrative del 27 aprile 1997, vinte dall'arch. Michele Caccavone, non portò a termine l'indagine sull'esistenza dei reperti portati a Foggia e della loro eventuale reperibilità. Certezza più che ipotesi (come egli stesso dice) in quanto suffragata dalle affermazioni del vice direttore della Gazzetta del Mezzogiorno di quel periodo che, conoscendo la questione, gli disse che a Foggia c'erano molti reperti di Serracapriola.
Scopo del progetto, di riappropriarsi dei reperti giacenti a Taranto e a Foggia (se fosse stato realizzato), era quello di costituire un museo a Serracapriola, considerato il valore archeologico del vasellame rinvenuto come si può vedere dalle foto.