‘A chjànghe era una grossa pietra, tipo basola, con una delle due facce liscia su cui anticamente si macellavano gli animali. Poi chjànghe diventò il termine per indicare il luogo della macellazione. Luogo adibito in tempi remoti a trappeto ed a macello. Infatti il beccaio Francesco Cacchione come fittuario del Trappeto per uso di Chianca in tempo non si macina oliva pagava d’affitto ducati 4,60 al Decurionato serrano per l’utilizzo del locale, quando non si molivano le olive (A.de Luca Esercizio finanziario 1745/46). Non mancavano chjènghire che per mancanza di locali macellavano le bestie all’aperto o nelle loro beccherie, fungenti da macello e negozio di carni. È facile immaginare la mancanza di igiene per un elemento così delicato e depauperabile come la carne, anche per mancanza di refrigerazione. “Il servizio della grascia pubblica si fa male, poca vigilanza si esercita in piazza, onde spesso si permette la vendita di carne di bassissima macelleria a otto soldi il chilo e si fa vendere del pesce guasto….” (dal comizio elettorale del dott. Luigi Gatta del 12-07-1914). In origine il beccaio era sempre un pastore o un allevatore di ovini che evolveva la sua attività aprendo un negozio di carni. Il termine chjènghére (pl.chjènghire-da chjànghe) significa beccaio, macellaio. Se tè dè fè ccide, fàtte ccide dè nu bbóne chjènghére (Se ti devi fare ammazzare scegliti almeno un bravo macellaio). Il termine beccaio, in uso fino alla fine del 1800 ed oltre, dal francese boucher, è originario da becco, il maschio della capra (bike=punta, animale cornuto), così detto perché nel medio evo si consumava comunemente la carne di ariete o becco. A Serracapriola nei primi anni del 1900, quando il paese contava 7.000 abitanti, i beccai vendevano soltanto carne di pecora. Il commissario prefettizio Teodosio Vallillo propose di diffondere anche la vendita di carne vaccina. Anche se la legge sanitaria del 1° agosto 1907 non obbligava i comuni a nominare il veterinario comunale, Serracapriola aveva il dott. Presutti come veterinario condotto, in carica dal 1907. L’inaugurazione nel 1931 del pubblico macello, costruito distante dal paese, diede alla chjànghe il significato specifico di negozio di carni, anche se i macellai continuavano ad ammazzare le bestie, ma nel mattatoio comunale. L’efficiente servizio veterinario (con i veterinari Vincenzo Alberico (1887-1975) e poi Andrea Ciarambino, cl.1927) ed il dazio controllavano le carni. L’impoverimento del patrimonio zootecnico locale e l’evoluzione del commercio delle carni portò nel 1982 alla chiusura del mattatoio. Al moderno macellaio (dal lat. macellarius), attrezzato di cella frigorifero, essiccatoio e macchina per sottovuoto, è stata tolta la funzione di ammazzare gli animali. Le carni gli arrivano per la rivendita già macellate nei mattatoi industriali. L’attività artigianale dei nostri bravi macellai però continua con il sapiente taglio delle carni e la loro trasformazione in salumi e torcinelli.
A Serracapriola nel 1848 esercitavano il mestiere di beccaio: Nicola D’Amelio, Luigi Portincasa, Raffaele Giaccio, Gelsomino di Cesare, Salvatore Malizia, Pietro Mancano.
La famiglia Cacchione, patriarcale, ha trasmesso per secoli fino ad oggi questo mestiere di padre in figlio. Già un Francesco Cacchione lavorava come beccaio nel 1745/46. I maschi macellai di questo ceppo: Adamo Cacchione cgt Emmanuela Valentino ebbe due gemelli, Giuseppe e Michelangelo, nati il 25-06-1852. Giuseppe (1852-1915) cgt Leonilda Pescatore, ebbe cinque figli, una femmina e quattro maschi: Gennaro (1886-1976) cgt Costantina Musticchio, allevatore di bestiame e proprietario terriero, coadiuvato dal figlio Aldo (1917-1949), con macelleria in Largo S.Maria n.10; Leonardo (1891-1968) cgt Luisa M.G.Finizio, il figlio Giuseppe (cl.1922) ora in pensione e il nipote Massimo (cl.1967) esercente; Giorgio (1894-1943) cgt Concetta de Felice, figlio Giuseppe (cl.1926) in pensione; Adamo (1898-1967) cgt Esterina Francioso, tre figli: Giuseppe (1929-2003) e il figlio Fabrizio (cl.1966) esercente, Egidio (1931-1997), Pasquale (Lino, cl.1936) tuttora esercente.
Adamo Cacchione (1936-1997) cgt Incoronata Virginia Tardiola, macellaio, parente della famiglia Cacchione.
Altri macellai: Tommaso Facciolli (1889-1957) (cgt Francesca Cacchione di Giuseppe) e il figlio Lorenzo (1914-1996) subentrato al padre nella macelleria in Largo Falcone n. 19.
Antonio Bibbó (cognome originario, che per errore di trascrizione diventò Bibò) cgt Raffaella Leombruno, il figlio Domenico (1858-1921) cgt Luisa Consalvo, il decimo figlio di quest’ultimo, Gabriele (1905-1932) cgt Maria C.F. d’Amicis e il figlio Domenico (cl.1929). Quest’ultimo, ora in pensione, spirito creativo, fu prima macellaio, poi aprì negozi di merceria e il primo supermercato locale “Granrisparmio Bibò”, ereditato dalla figlia Maria Pia.
Alfredo Pescatore (1877-1958) cgt Gioiella Maria Carmela, licenza del 30-08-1927, e il figlio Leonardo (1902-1990) macellaio-pescivendolo, subentrato al padre in Corso Garibaldi n.45, con licenza del 19-12-1949, rilasciata dal sindaco dott. Alessandro Marinelli. Vincenzo Pescatore (cl.1926), allevatore di ovini, commerciava carni di produzione propria in via Murorotto n.13.
Giuseppe Sfarra fu Antonio, licenza del 27-09-1949, con macelleria in Largo Mercato n.9. Nell’attività gli subentrarono i figli, prima Agostino con licenza del 31-08-1950, e dopo Natalia (1910-1978), con licenza del 30-03-1951, in via Cav. De Luca n.9.
Felice Speziale (1881-1966), licenza del 7-06-1927, rilasciata dal podestà Matteo Falcone, a cui subentrò il figlio Luigi (1915-1991) nella stessa macelleria, in via Corso Garibaldi n.11.
I fratelli Cordisco, da Rocchetta S.Antonio, pastori-allevatori di bestiame, aprirono a Serracapriola due macellerie. Antonio (1900-1944) cgt in seconde nozze (dopo il decesso della prima moglie Zelinda Presutto) con Maria Teresa Ucci, iniziò l’attività in Corso Garibaldi n.31, ma morì dopo pochi anni, ammazzato a Nuova Cliternia da malviventi che volevano rubargli il bestiame. Alla vedova, che, con licenza del 27-09-1949, continuò il lavoro del marito, subentrò il figlio Giovanni (1924-1997), che, arrivato alla pensione, cedette l’esercizio a Franco D’Onofrio (Pignatelli) di S.Paolo di Civitate e poi alla ditta “Di Nauta Dema” di Lesina. Dal 2000 è titolare di questa macelleria Federico Fortunato di S.Severo. L’altro fratello Valentino Cordisco (1904-1988), aprì la macelleria in corso Garibaldi n. 63, in seguito gli subentrò il figlio Giovanni (1930-1998). Dopo l’esercizio passò a Cesare di Cesare (figlio del pastore Romano) macellaio per alcuni anni e poi trasferitosi a Milano.
Vincenzo Palma (1931-2004), allevatore di bovini nella sua azienda agricola, aprì un esercizio con licenza del 17-11-1979 di latticini e carni fresche di produzione propria in corso Garibaldi n.78, venduto poi a Vincenzo Torres (cl.1931-deceduto a Milano) che a sua volta lo cedette a Vincenzo D’Onofrio di S.Severo con cui l’attività cessò.
Il commerciante di bestiame Antonio Ciancia (cl.1945) fu Francesco, pastore-allevatore di ovini, è stato il primo ed unico esercente locale di carne equina con macelleria in via S.Anna n.19 (licenza 25-03-1969). Il figlio Pietro (cl.1970) con la moglie continua l’attività paterna.
Vincenzo Rendine (1903-1986) aprì la prima polleria a Serracapriola, in via Dante Alighieri n.14. I polli ruspanti venivano puliti agli acquirenti con una originale macchina spennatrice. Dopo alcuni anni la polleria fu ceduta a Lucia Simone (cl.1921) cgt Silvio Ciarallo (cl.1919), con licenza del 10-11-1973, a cui sono subentrati in successione, quando già le forniture erano dell’AIA e di altre catene industriali, Gabriele Ferrero, Giancarlo d’Alonzo, Lucia Rendine in corso Garibaldi n.65, Mara Santelia e infine Stefania Pellicciotta con cui l’attività cessò. Un esercizio specifico di carne non può reggere in un paesino come il nostro, anche perché la vigente licenza commerciale prevede per la macelleria la vendita di tutti i tipi di carne e altri generi alimentari.
Oggi lavorano a Serracapriola sette macellai: dal 1968 Pasquale Cacchione (cl.1936) in Largo S.Maria n.9; dal 1987 Pietro Ciancia (cl.1970) in Corso Garibaldi n.72, coadiuvante della moglie Pilone Anna Pina (cl.1969) titolare dell’esercizio; dal 1991 Fabrizio Cacchione (cl.1966) in corso Garibaldi n.63; dal 1998 Massimo Cacchione (cl.1967) in via Manzoni n.3; dal 2000 Federico Fortunato (cl.1952) di S.Severo, in corso Garibaldi n.31 ; dal gennaio 2003 de Siro Maria Carla in Marini, famiglia di allevatori di ovini, in Corso Garibaldi n.186; dal maggio 2007 Baranello Filomena (cl.1972), in via Cav.de Luca n.33.
Ai nostri macellai va il merito di aver conservato con la trasformazione della carne la tipicità dei prodotti locali. Sta al buongustaio saper individuare chi con scrupolosa cura sa preparare con le interiora di agnello, fegatino, polmone e budella, i torcinelli e con la carne di maiale, la pancetta ventrésche, la coppa chèpecòlle, la lonza, il lardo, gli insaccati, la salsiccia di fegato, fechètàzze, la salsiccia, sevucicce cu pépe o cu pepóne, la soppressata supprescète, e i nnógghje (preparati con budella e trippa).