A Serracapriola le depositarie della scuola di ricamo e di merletto erano le suore. Nell'anno 1854 quarantanove monache formavano cristianamente le ragazze serrane con il contributo delle loro famiglie.
 Dal 1816 al 1862 l'Educandato delle monache Liguorine, fondato a Serracapriola dalla serrana Mariuccia Ruggiero e diretto dal vescovo di Larino, dava alle ragazze, a 36 ducati all'anno, una formazione di base, diretta a formare soltanto una buona massaia. Fra le mura del convento di Sant'Angelo (o SS. Redentore), sotto lo.sguardo vigile delle suore Carmela de Luca, Maria Gioconda Sepino, Maria Fortunata Caccavone, Chiara Maria de Leonardis, le fanciulle imparavano a scrivere, a leggere, a far musica, a stirare, a inamidare la biancheria, a ricamare (cotone, tulle, seta) ed a lavorare merletti, maglie e calze di cotone (da Schegge di Storia di Stanislao Ricci).
 Nel 1926 la signorina Giovina Corroppoli, per onorare la memoria del genitore, farmacista Vincenzo Corroppoli, e della sorella Chiarina, volle fondare un Pio Istituto. Il 12 maggio dello stesso anno, con atto stipulato dal notaio Matteo Falcone e in presenza dei testimoni, Casimiro Gallo, muratore, e Domenico Malatesta, tinaio, donò il proprio palazzo, compreso tra lo stradone Cav. De Luca ed il Vico Ugo Bassi, alla Diocesi. Si costituì, così, il Pio Istituto Sorelle Corroppoli, (denominate spezièlétt perché figlie dello speziale del paese), sotto la direzione di suore dello Spirito Santo (in seguito subentrarono le francescane), approvate dal vescovo diocesano. Con decreto del Re Vittorio Emanuele III il 18 luglio1930 decollò l'attività di questo Istituto Ente morale, che accolse: la scuola materna; le scuole di taglio, cucito, ricamo, merletto e altri lavori felmninili; le orfanelle più bisognose, per educarle e istruirle.
 Il 23 giugno 1943 le stesse suore francescane del "Corroppoli" aprirono un altro Educandato in via Castello dei Frentani, nella casa donata da don Francesco Falcone all'istituto. Dalla chiusura del "Corroppoli" a tutt'oggi la Casa del SS. Nome di Gesù continua la sua opera benefica di formazione cristiana attraverso la scuola materna e le attività artigianali femminili.
 I ricami e i merletti erano legati a valorizzare il corredo, essenziale alle ragazze, assieme alla loro verginita, per arrivare al matrimonio con le carte in regola. E la parure di lenzuola "da prima notte" doveva essere la più bella, ricamata con scene di vita bucolica tra voli di farfalle e amorini. Secondo la tradizione le future spose venivano avviate in tenera età alla scuola dell'ago e del filo.
 Per ricamare si tendeva sul telaietto, telèrétt, a tamburo l'elemento base, cioè la stoffa, dopo aver disegnato il soggetto. È chiaro lo stretto legame con le arti figurative in una parallela evoluzione stilistica. L'arte della pittura ad ago raggiungeva effetti raffinatissimi ed originali quando la ricamatrice non si limitava a copiare soggetti dagli album di modelli, ma realizzava il pezzo unico creando il disegno e l'intreccio dei fili con la tecnica che soltanto una lunga applicazione poteva affinare. L'ago, èche, che in tempi remoti era di osso o di bronzo, è lo strumento, oggi di acciaio, indispensabile per questo lavoro. Fra le dita affusolate della fanciulla, a volte aiutato dal ditale, detéle, portava il filo su e giù, penetrando nel tessuto e riempiendo le superfici velocemente, grazie all'abilità della guidatrice, che doveva necessariamente concentrarsi sul lavoro, mettendo a dura prova la vista. A seconda del materiale usato, venivano eseguiti ricami in lino, in lana,in seta, in oro, o ricamo di lana su lino, di seta su lana. Con la tecnica dei punti si ricamava a piatto, a rilievo o applicato. I punti di ricamo erano più di quaranta, il che consentiva una gran varietà di motivi. Il diverso modo di intrecciare i fili consentiva di ottenere punti piatti, a croce, a catenella, a rete, a treccia, ecc.
 Nel merletto, puntine, è assente il supporto tessile. L'elemento di composizione è il filo, che, col gioco grafico, dà equilibrio a questo libero lavoro d'intreccio. Da noi la merlettaia usava l'ago come strumento di lavoro. Altrove, nel Molise e in Abruzzo, il tombolo. Nei merletti ad ago e in quelli a tombolo la materia prima abituale era un sottilissimo filo di lino o di cotone. I fili dei merletti più antichi erano così sottili che un centimetro della loro larghezza comprendeva 222 fili affiancati. Una lunga striscia di merletto, girèlètt, spesso decorava il margine del copriletto, che, sfiorando il pavimento di cotto, copriva i trespoli, trispete.
 Alcuni lavori, però, erano il risultato di compromesso fra ricamo e merletto.
 A parte la fantasia dei disegni, fino al 1950 circa si lavorava sempre bianco su bianco. ll candore imperava. Le mani forti delle nostre contadine ricamavano e merlettavano tende, lenzuola, corredo per neonati, e le delicatissime sfumature della biancheria si uniformavano alle pareti bianco-calce della casa. In seguito gradualmente cominciava a prendere corpo la pittura ad ago con i fili colorati, specie per il tovagliato: mesèle, sèlviétt, zenèle, tuvàgghje.
 Quando il corredo era pronto, e si faceva a gara a chi produceva più capi raffinati. ddòte è 15, è 20, è 30, lo si esponeva impegnando un'intera stanza. Dopo il matrimonio i vari capi del corredo venivano usati con parsimonia, poiché dovevano durare tutta la vita.
 Parecchi lavori anonimi di ricami e merletti, custoditi da alcune famiglie serrane sono la testimonianza dell'abilità di generazioni di ricamatrici e merlettaie. Oggi nonostante gli sforzi e la disponibilità delle cinque suore del SS. Nome di Gesù, per far rifiorire l'arte della pittura ad ago, il futuro della loro scuola, frequentata da tre apprendiste, è compromesso per mancanza di adesioni. In paese, Antonietta Baranella, Maria Bonfitto, Assunta Occhionero, Ninetta Sciandra e qualche altra, sono le ultime ricamatrici che lavorano su comrnissione.