Breve excursus nel mondo radio e tv a Serracapriola
A Serracapriola, come altrove, il suono del grammofono, a trómbe pèrlande, rallegrava le feste nelle famiglie con balli e canti. Mentre prima i piccoli gruppi orchestrali, che non sono mai venuti meno perché il canto e la musica dal vivo sono insostituibili, come l’orchestra Scintilla, il complessino del mandolinista Fortunato d’Alessio ed altri gruppi spontanei, erano le uniche possibilità per animare feste e matrimoni. Il grammofono, questa macchina parlante, invece portava in casa a volontà il suono di intere orchestre e le voci di cantanti famosi. Per funzionare aveva bisogno soltanto della carica manuale, dei dischi a 78 giri (i primi dischi erano di acetato di vinile, poi di bachelite) e delle puntine d’acciaio, da sostituire di volta in volta perchè erano soggette ad usura (una scatola di puntine costava £.250 all’emporio di Giulio Gentile).
Il grammofono, ‘a mèscine, che vivificava le serate di festa, con l’avvento dell’energia elettrica venne sostituito dal giradischi e dalla radio.
In Italia la radio con le prime trasmissioni radiofoniche che ebbero luogo dall’auditorio di via Maria Cristina 5 a Roma, si diffuse nella metà degli anni venti come URI (Unione Radiofonica Italiana), unica stazione emittente. Il 6 ottobre 1924 venne inaugurato il servizio radiofonico e regolarizzato il 1 gennaio 1925. Lo stesso anno in cui ci fu l’arrivo dell’elettricità a Serracapriola, descritto da Mario Brancacci nel suo romanzo “Era degna di un magistrato”. La radio, strumento della propaganda fascista, entrò anche nelle nostre case con l’insistente inno Giovinezza. Iniziò il periodo delle veglie danzanti. Il primo cantante della radio fu Vittorio Belleli. Nel 1927 all’URI segue l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche). Nel dopoguerra, dopo la ricostruzione degli impianti di diffusione, la radio nel 1949 assunse il nome di RAI (Radio Audizioni Italia) ed iniziò il suo periodo d’oro. Nel 1951 venne trasmesso in diretta il 1° Festival di San Remo. Nel 1954 l’avvento della Televisione. A Serracapriola la TV arrivò nel 1956, dopo la costruzione del ripetitore sul Monte San Buco.
Il primo televisore con tutti gli accessori fu acquistato dai soci del circolo degli Amici, in Corso Garibaldi n. 28, al prezzo di £ 270.000. Anche Serracapriola per la prima volta assurse agli onori della cronaca rosa della RAI-TV. Nel 1966, dopo un breve filmato sul paese, venne trasmesso sul programma nazionale lo sceneggiato televisivo “Don Giacinto a forza”, diretto da Anton Giulio Majano e scritto da Mario Brancacci per ricordare il suo paese natio (vedi La Portella del 30-09-2011). Per combattere l’analfabetismo la RAI dal novembre del 1960 organizzò una scuola popolare televisiva “Non è mai troppo tardi” per adulti analfabeti, diretta dal maestro Alberto Manzi. Alle 18,30 di sei giorni su sette l’Italia semianalfabeta (ed anche la sede della “Comunità Braccianti” di Serracapriola, in via S.Anna n.8, con il corso popolare di tipo A-B m. ad indirizzo televisivo, diretto dal maestro G.Gentile) si sintonizzava sull’unico canale TV in bianco e nero per seguire le lezioni di Manzi.
La diffusione di questi mezzi audiovisivi rese necessaria la nascita di scuole per preparare la figura del radiotecnico, capace di riparare ed assemblare i suddetti apparecchi e verso la metà degli anni ’50 sorsero anche scuole radio per corrispondenza che contribuirono a far nascere anche a Serracapriola laboratori di radiotecnica.
In paese Italo Carriero e Giuseppe Oronzo furono i primi rivenditori di apparecchi audiovisivi (grammofoni, radio, giradischi, televisori). Alfredo de Leonardis imparò il mestiere da una scuola per corrispondenza ed operava come radiotecnico, mentre Silvio di Criscenzo si trasferì da Milano, dove aveva frequentato una scuola di radiotecnica e apri un negozio di dischi e radio-TV in Corso Garibaldi n. 42, dando anche l’assistenza come riparatore ed installatore.
Un discorso a parte si deve fare per Antonio Capuzzi (cl.1939), radiotecnico in pensione, ma sempre in attività. La sua storia merita di essere raccontata. Appassionato di elettronica ed affascinato dalla complessità dell’apparecchio televisivo, nel 1958 contro il parere della famiglia, Antonio si iscrisse all’Istituto Professionale di radiotecnica elettronica di Foggia. Al mattino frequentava la scuola e nel pomeriggio faceva esperienza nel laboratorio di un suo amico, il tecnico Franco Cipriano. Dopo aver conseguito il diploma progettò di andare in Inghilterra per proseguire gli studi. Ma il sogno svanì a causa di una disgrazia avvenuta in famiglia, per cui fu costretto a rimanere in paese. Nel 1963 aprì il laboratorio in Corso Garibaldi n.99 in un locale attiguo al negozio di Giuseppe Bucci che ampliò l’attività con la vendita di radio e televisori collaborando con Capuzzi, tecnico riparatore ed installatore. Nel 1973 Capuzzi rilevò il negozio di Bucci e iniziò a lavorare in proprio come commerciante di elettrodomestici e come tecnico riparatore-installatore spostandosi anche nei comuni limitrofi.
A quei tempi avere un televisore in casa era un evento. Si faceva di tutto per conservarlo in buona salute. Tanto che, a riposo, veniva coperto dal plaid per non fargli prendere freddo. Ma nonostante tutto capitava che lo scatolone magico si guastasse. Veniva chiamato il tecnico. Antonio Capuzzi, serio e dal portamento compassato, con i ferri del mestiere e le valvole in una valigetta nera, si presentava a casa del cliente, dove era atteso da tutta la famiglia e dai vicini, lì convenuti, anche loro preoccupati, perché spettatori abituali delle trasmissioni. Come il famoso chirurgo, “Valdoni” (veniva chiamato così il nostro tecnico per la sua bravura) apriva il televisore, controllava le valvole, l’interruttore a chiave, i condensatori ed il resto. Infine faceva la diagnosi. Gli astanti in un silenzio di tomba accettavano il responso, a volte doloroso.
Antonio ebbe molti apprendisti, tra cui Donato Guglielmi, Fortunato Marinelli e Gianfranco Pucarelli, quest’ultimo tuttora in attività a tempo pieno. Dopo circa venti anni di attività il nostro radiotecnico cambiò lavoro perché si accorse che l’evoluzione tecnologica portava ad un cambiamento della tecnica di costruzione di apparecchi elettronici “usa e getta” che non davano un futuro roseo ai tecnici. Realizzò allora una piccola fabbrica per la costruzione di tubi catodici monocromatici e a colori. Servì per molto tempo la Grounding italiana per cinescopi di ricambio. La piccola ditta artigianale ebbe per circa venti anni molto lavoro ma non poteva sostenere l’investimento per l’evoluzione a vista d’occhio dell’elettronica (schermi a LCD, al plasma, a led).
Nel 1998 si trasferì a Campobasso con la sua azienda Adriatica Kolor-Divisione Elettronica, poiché fu interpellato da funzionari della Regione Molise per creare una società con l’UNCI, continuare alla grande la sua attività e sviluppare la produzione di tubi catodici, monitor completi per videogiochi e lampade ad alta pressione e a basso consumo. Progetto approvato e accettato senza esitazioni dagli organi finanziatori di Roma, poiché nel nord Italia, si diceva, c’ erano appena quattro piccole industrie del settore e nel meridione nessuna. Ma dopo circa tre anni, avendo constatato che non c’erano le condizioni favorevoli per realizzare l’opificio, tornò a Serracapriola.
Qui presentò un progetto al Comune come Società Solare s.r.l., formata da cinque persone, per realizzare una fabbrica per la produzione di lampade a risparmio energetico e lampade speciali per trattamenti sanitari. Il terreno, su cui doveva sorgere la fabbrica, che si trova di fronte all’ex mattatoio di Serracapriola, era già di proprietà della Società Solare s.r.l. Dopo l’approvazione del progetto da parte del Consiglio Comunale, riunitosi il 3 aprile 2001, e dopo che la società Solare pagò tutti gli oneri previsti dalla legge, la concessione edilizia non arrivava. Alle tante insistenze per sapere i motivi del ritardo, al Capuzzi, responsabile della ditta, fu risposto che, in base ad una comunicazione dell’ufficio urbanistico di Bari, il terreno era sottoposto a vincolo archeologico, per cui non si poteva dare la concessione.
Fermo nelle sue convinzioni Antonio Capuzzi, nonostante le delusioni, continua a lavorare per passione nel suo settore ed ha messo a punto un “apparecchio realizzato per la protezione di macchine elettriche per salvaguardare l’incolumità degli operatori”. L’apparecchio multiuso, può essere installato anche in casa per proteggere apparecchi elettrici: computer, contatore e l’intero impianto elettrico dell’abitazione. Il 9 marzo 2007 Antonio ha presentato domanda per far brevettare il prototipo della sua invenzione. Il brevetto gli è stato rilasciato il 23 marzo 2011 dal Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per la lotta alla contraffazione. Auguri al nostro tecnico e ad maiora.